Il Transvaal - Pretoria - In Sud Africa con Doyle

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Il Transvaal orientale – I problemi sudafricani – Lo sciopero dei nativi – I bianchi poveri – Gli umili e i colti – Lo spirito del fotografo Rustenburg – Pretoria – Il professor Kovaloff – Un avvertimento agli investitori.

In questo periodo dell’anno, la mattina presto, nel Transvaal Sud orientale, distretto di Standerton, si ha l’impressione di non aver mai visto un quadro di una tale perfezione pastorale. C’è il veld, ci sono le colline basse senza i kopjes. In tutte le direzioni, fin dove si spinge lo sguardo, si stende un’immensa pianura disseminata di greggi e di armenti. La distanza fra una fattoria e l’altra fa sembrare molto grandi i poderi.   
Dopo alcune ore di viaggio, l’uniformità della pianura è stata interrotta da strani oggetti, difficili da identificare. Erano colline basse, bianche come la neve, sulle quali splendeva il sole. Eravamo forse entrati nel paese del gesso? No, non c’erano le dolci ondulazioni che rendono così riposanti le colline gessose. Inoltre, queste montagnole bianche brillavano alla luce del giorno. All’improvviso, ho capito. Erano i cumuli di sabbia bianca e quarzo polverizzato, formati dai detriti delle miniere d’oro. Ci trovavamo nei pressi di un pozzo del grande filone tabulare d’oro, il più grande forziere della terra, da cui finora è stato estratto, al ritmo di quaranta milioni all’anno, un tesoro del valore di mille milioni di sterline. Mi chiedo se in Inghilterra ci si rende conto che la quantità d’oro prodotta in Sud Africa è quasi più della metà della produzione mondiale. C’è da chiedersi che cosa sarebbe diventata la nostra valuta e come avrebbe potuto far fronte all’aumento della richiesta, se non ci fosse stato questo enorme deposito.

Il mondo è pieno di sorprendenti meraviglie e se non si è più in grado di apprezzarle vuol dire che il cervello non funziona più. Perché, ci si domanda, questo fiume d’oro, che, secondo le ricerche fatte, dovrebbe avere una lunghezza di sessanta miglia, una larghezza di tre miglia e una profondità di un miglio, si è formato proprio qui? La geologia è vaga. Esso si trova sullo spartiacque che separa i due versanti al fondo dei quali scorrono due grandi fiumi, il Vaal e il Limpopo, che potrebbero avere qualche relazione con la sua formazione. Lo strato più basso è composto di granito, lo scheletro della terra. Poi ci sono sabbia e argilla a strati alterni e in mezzo c’è una strana formazione costituita da ciottoli levigati dall’acqua consolidati in una specie di cemento che contiene oro e acciaio. Sopra a questo conglomerato si sono formati degli strati di carbone, lasciati dalle fitte foreste, che sono stati quasi interamente asportati, tranne quelli che si trovano sull’estremità orientale della cresta, che sono stati perforati per fare i pozzi. E con questo il lettore ne sa quanto me sull’argomento.
     
Un problema preoccupante è che in quarant’anni è stata estratta la metà dell’oro disponibile e, se i costi continueranno ad aumentare, l’altra metà potrebbe non venire mai tirata fuori. Ma se lo sarà, che cosa accadrà fra quarant’anni a questa grande città rumorosa in cui devo tenere la finestra chiusa, nonostante il caldo, per proteggermi dal traffico e dai clacson? “Là dov’era il rombo della lunga strada, ora c’è il silenzio del mare.” E’ quel che potrebbe succedere qui. E la vista di una città abbandonata, a seimila piedi di altezza nel bagliore del sole africano, sarebbe più orribile di una città sommersa. Ma Johannesburg, piena di vitalità e buonumore, va per la sua strada e non pensa al futuro, ma a “quanto basta per la giornata”. Dopo tutto, come ha detto con grande profondità Shaw “non si può mai dire…”. Chi avrebbe previsto che ad aumentare la ricchezza mineraria del Sud Africa sarebbe comparso il platino? Ma difficilmente vi saranno altri sviluppi qui e la popolazione seguirà le nuove scoperte dove esse avverranno.
Le vecchie miniere sventrate sono ormai abbandonate e la sola speranza è quella di aprirne di nuove. Anche la Ferreira Deep, rimasta attiva per trent’anni, durante i quali sono state estratte 130 tonnellate d’oro, è stata ripulita. Quasi la metà è stata di profitto e i dividendi hanno totalizzato il 700 per cento. Perciò, non fa meraviglia che i primi arrivati, i Barnates e i Robinson, siano oggi fra gli uomini più ricchi al mondo.

Non credo che in Inghilterra l’uomo comune abbia idea delle dimensioni di quest’affare. Ecco un piccolo fatto per darne un’idea. Alcuni anni fa è stato organizzato - cosa inaudita - uno sciopero dei minatori neri. Quanti pensate ne siano emersi quando sono stati convocati all’esterno? Non meno di settantamila. Immaginate questi diavoli neri che sgorgano dalle profondità della terra attraverso i pozzi e le aperture delle cave. Sembrava una scena uscita dalla fantasia di Wells. Il sentimento generale era di orrore. “Per l’amor di Dio! Allontanateli di qui a ogni costo!”. Attualmente il salario medio mensile di un minatore è di 3 sterline, mentre un kaffir che lavora nei campi guadagna 1 sterlina al mese. Ogni aumento del salario, però, rende infruttifera l’estrazione di una parte del minerale grezzo. La cosa terribile della questione salariale, da noi come all’estero, è che quando il sindacato costringe il datore di lavoro ad aumentare i salari, questi, se riesce a non lasciare l’attività, cerca di risparmiare utilizzando meno lavoratori. Il risultato è che una parte dei lavoratori rimane disoccupata. Un lavoro sicuro e ben pagato, come quello dei ferrovieri, influisce sui costi dell’industria del carbone e il peso ricade sui minatori. Chi non desidererebbe dare a tutti i lavoratori abbastanza da farli vivere confortevolmente? Ma finora le alternative sono state solo due: alcuni che hanno di più e altri che hanno di meno oppure molti che hanno abbastanza. Ogni lavoratore pagato in eccesso ha come conseguenza altri lavoratori che ricevono meno del dovuto.

Su questa scintillante ed animata città dell’oro vi sono alcune ombre. Una è il possibile esaurimento del filone, un’altra è l’enorme contingente nero che lavora nelle profondità. Una terza è il lavoro bianco organizzato, irrequieto e talvolta turbolento, malgrado la sterlina al giorno di paga. Queste tre minacce potrebbero non giungere a una crisi decisiva nella nostra generazione. Ma c’è una quarta minaccia, sempre presente, legata alla presenza di un gran numero di bianchi poveri. Questi uomini non riescono a trovare neanche un lavoro umile, perché i kaffir lo fanno meglio di loro e per meno soldi. E’ stato calcolato che il loro numero è di uno su dieci del totale della popolazione bianca. Che cosa si deve fare di loro? Inutilizzati e inutilizzabili, sono uomini senza speranza, senza una ragione per vivere, pronti ad approfittare di ogni sciopero o disordine, visto che non hanno niente da perdere. Sono stati loro a trasformare lo sciopero del 1922 in qualcosa di molto simile a una rivoluzione, in cui i rivoltosi sono stati repressi solo dopo una lotta disperata.

Può darsi che Mosca abbia portato il fiammifero, ma le polveri erano già pronte a incendiarsi e lo sono ancora. La questione dei nullatenenti di razza bianca è una delle tante che il Sud Africa deve risolvere. Che senso ha l’immigrazione quando ci sono già questi uomini in cerca di un lavoro? Credo che la cosa logica, anche se è una misura estrema, sarebbe quella di mandarne 50.000 in Australia, dove potrebbero essere assorbiti. Qui il Governo tenta di placarli organizzando costruzioni di opere pubbliche, ma l’unico risultato è un lavoro fatto male e molto costoso. Ho visto  alcune cifre che paragonano il costo di una grande diga australiana – mi pare che si chiami Buranjack, ma non ho sottomano il libro per controllare – con quello della diga Hartebeeste, che si trova vicino a Pretoria.

La struttura australiana, che è molto più grande ed efficiente, costa quasi un milione di sterline di meno. Secondo il mio informatore, questa differenza è dovuta ai tentativi del Governo sudafricano di dare lavoro ai bianchi poveri.
In questa ampia digressione ho riportato alcuni dei punti di vista raccolti durante il mio soggiorno in città. Essi sono indubbiamente superficiali, ma almeno sono liberi da pregiudizi. Adesso torniamo alle nostre esperienze personali.
In città ci sono due hotel notevoli, il Langham, tranquillo e fuori mano e il Carlton, moderno e rumoroso, situato all’incrocio delle due importanti vie Eloff e Commissioner. Noi ci siamo installati in quest’ultimo venerdì scorso e, dato che non è uno scherzo salire fino ai 6000 piedi per tenere, domenica sera, una conferenza che durerà due ore, devo starmene tranquillo e cercare di acclimatarmi.

La conferenza è andata molto bene e l’uditorio era numeroso. All’inizio, c’era un’atmosfera di disapprovazione, che non mi era sgradita. Infatti, io non disdegno la critica, purché sia espressa in modo cortese. Tuttavia, ho avuto la sensazione che essa fosse venuta meno prima della fine. Un uomo, che aveva preparato alcune domande scritte offensive, dopo aver espresso con brontolii di dissenso la sua disapprovazione, ha ricevuto poca solidarietà dai suoi vicini. Nessuno di loro lo ha aiutato a passare di mano i fogli per farli arrivare fino a me e ha dovuto rimetterli in tasca. E’ stata una serata di grande successo. Anche la conferenza fotografica, tre giorni dopo, lo è stata altrettanto, ma il teatro era troppo piccolo e molti hanno dovuto essere mandati via per mancanza di posti. Siamo venuti a sapere che fra il pubblico c’era una coppia che aveva percorso 500 miglia per essere presente. Fortunatamente, ha trovato posto. Dopo la conferenza ho parlato con loro e ho scoperto che, anche se vivevano in capo al mondo, sulle rive del fiume Limpopo, essi avevano un’eccellente biblioteca paranormale ed erano molto aggiornati. Quando paragono la loro conoscenza di questa materia alla relativa ignoranza di alcuni dei migliori cervelli di Londra, come Keith, Inges e Barnes apprezzo quel vecchio passaggio sulle cose negate ai sapienti e accordate agli umili.

Sono sorpreso dalla diffusione della conoscenza e, nel contempo, dalla grande richiesta di informazioni che c’è al di fuori delle chiese spiritiste organizzate. Ieri, 21 dicembre, siamo stati invitati al Country Club, a un party di persone selezionate. Fra i trenta ospiti, tutti cittadini di riguardo, non ce n’era uno che non fosse informato sul paranormale. Il Country Club è un posto bellissimo situato alla periferia della città, provvisto di piscina coperta e di ogni possibile lusso. C’è anche un altro club, quello dell’Automobile, altrettanto lussuoso, perciò si può dire che la città sia ben fornita di luoghi di ritrovo. Tuttavia, il pensiero delle migliaia di esseri invisibili che faticano sottoterra mi fa tornare in mente le prime scene di quel meraviglioso film tedesco che narra la storia di un robot e di un superuomo. Absit omen! Ieri sera ho anche ricevuto la stretta di mano di un giovane meraviglioso, disperato perchè povero e disoccupato, convinto di aver rinunciato al suicidio grazie a me. E’ davvero un mondo strano e doloroso.
Nel corso dei miei viaggi mi vengono sottoposte molte fotografie paranormali, che sono in gran parte costretto a rifiutare. Sono sicuro che molte di esse sono valide, ma non posso permettermi di correre rischi e non accetto nulla che non mi sembri assolutamente autentico. Ne ho appena ricevuta una per posta, che non mi sembra contraffatta. Il giornale Star l’ha pubblicata con questa mia nota: “Ho esaminato la fotografia e ho considerato corretto il resoconto della signora McKerrill. Non ho dubbi che la faccia che si vede fra i rami dell’albero non sia dovuta al caso ma che abbia un’origine paranormale.”     
Conosciuta come la foto di Rustenburg, essa ha creato un certo scalpore in città. Sui giornali c’è una lunga intervista al marito, che dichiara esplicitamente di essere un ateo. Perciò, non può essere sospettato di simpatie spiritistiche. Si dice sbalordito perché la faccia è il ritratto di Keir Hardie, una donna da lui conosciuta quando era giovane. Se la foto, come abbiamo detto, è paranormale, chi è il medium? E se il medium è il marito o la moglie, perché essi non ottengono altri risultati? Lei è una fotografa inesperta. La pellicola appartiene a un rotolo Kodak da sei ed è stata sviluppata in città da un farmacista. Tutto sommato, merita un posto nella mia collezione.  

Oggi, 23 dicembre, ho tenuto una conferenza a Pretoria, l’altra capitale, che dista 35 miglia da Johannesburg. Il viaggio di trasferimento ha richiesto un giorno. Grazie alla gentilezza del signor Hunt, che ci ha messo a disposizione due auto, il nostro gruppo ha potuto spostarsi al completo. La strada è eccellente. La città si è molto ingrandita e ci siamo trovati d’accordo nel darle la palma di città più bella dell’entroterra. Il nostro voto vale qualcosa, perché di città ne abbiamo viste molte e forse solo Salt Lake City e poche altre la battono. Pretoria sorge al centro di un anfiteatro di colline, che la incorniciano di un verde delicato. Anche le sue vie sono ricche di alberi e l’aria è pura. Gli edifici hanno colori vivaci. Quelli pubblici, costruiti nel 1900, erano già molto belli, ma quelli più recenti, che sorgono attorno alla piazza centrale, sono veramente splendidi. Il parlamento ha una nuova sede.

Forse non tutti i lettori inglesi sanno che il Governo dell’Unione Sud Africana si sposta fra Città del Capo e Pretoria, secondo la stagione. Tutto, perciò, deve essere doppio e un membro del parlamento, che prende 700 sterline all’anno, è indubbiamente sottoposto a molti disagi.
Nel pomeriggio, l’albergatore del Grand Hotel ci ha cortesemente portati in auto a vedere le bellezze del luogo, compreso il Country Club. Abbiamo anche avuto la possibilità di visitare uno dei forti che, prima della guerra con i Boeri, sono stati il nostro spauracchio. Mi sono parsi tristemente inadeguati, una trappola mortale. Naturalmente non ci sono più i cannoni e sono solo dei luoghi da visitare, come avrebbero dovuto essere sin dall’inizio.  

La statua di Kruger, che un tempo si trovava nella piazza centrale, oggi sorge davanti alla stazione. Lo scultore, a cui Kruger aveva chiesto di essere raffigurato con in testa un cilindro concavo in alto, come un piattino in cui gli uccelli potessero venire a bere, non è riuscito a rappresentare in modo artistico questo bel vecchio. Ma se la figura centrale è fatta alla buona, le statue dei Boeri inginocchiati ai quattro angoli sono magnifiche. Le loro teste, splendide e piene di carattere, sembrano riflettere l’intera storia del paese. Mi hanno fatto venire in mente un bel monumento di Montreal, a due angoli del quale ci sono un viaggiatore e un Indiano. Perché a Londra non abbiamo monumenti nazionali commemorativi come questi, ispirati agli avvenimenti storici e con un tocco di romanzesco? Per vedere quanta poca fantasia abbiamo, basta guardare la fila delle Guardie Reali a cavallo durante le parate.

Mi vengono in mente solo due monumenti di Londra che mi abbiano dato un brivido di eccitazione: una è la statua di Boadicea sul ponte di Westminster, l’altro è il monumento agli artiglieri in Hyde Park Corner. Anche il Cocchio di Lawes al cancello del St. James Park è molto decorativo. I Britanni, i Sassoni, i Danesi e i Normanni formerebbero quattro begli angoli di un piedistallo.
La sera, il mio uditorio era elogiativo e selezionato, ma meno numeroso del solito. La città è per metà olandese e la Chiesa Riformata Olandese, come ha dimostrato il caso Du Plessis, è una scatola chiusa incapace di accettare il nuovo. Solo con il tempo e con continui assalti di verità, il contenitore si sgretolerà lentamente. La conferenza, iniziata alle nove, è terminata poco prima delle undici. Siamo rientrati in hotel all’una di notte, dopo una deliziosa corsa in auto sotto al quintuplice gioiello della Croce del Sud che splendeva contro una tenda viola scuro. E’ stata una giornata piuttosto intensa.  

A Pretoria, fra il pubblico c’era il rabbino ebreo, uomo colto e molto interessato all’argomento. Ho avuto una chiacchierata con lui ed ho constatato che apprezzava la verità e il respiro del nostro insegnamento. Le Chiese cristiane sono rimaste in disparte, ma trovo che alcuni dei nostri amici ortodossi sono diventati ragionevoli. Oggi ho ricevuto la lettera della figlia del Reverendo A.V. Magee, un eminente ecclesiastico con cui ho avuto parecchie baruffe sui giornali. Mi scrive: “Egli vi ha osteggiato perché pensava che andaste contro l’insegnamento della Chiesa. Tuttavia, nel 1923 si è convertito e poco prima di morire, ha detto a me e a mio fratello di essersi sbagliato di molto e che bisognerebbe sforzarsi di restare in contatto con il mondo degli spiriti.”  

Recentemente, ho incontrato il professor Kovaloff, considerato una delle maggiori autorità in fatto di platino e un tempo ministro delle miniere in Russia. Quando è stato cacciato dal suo paese, ha trovato facilmente un posto nel mondo. Il futuro del platino e del palladio, suo alleato, rappresenta la questione mineraria più urgente. Nel Transvaal del Nord sono stati trovati grandi depositi di platino, anche se credo che quelli degli Urali siano molto più estesi e che la Russia possa estrarre il metallo con costi minori di qui. Perciò, se non si trova un accordo internazionale per diminuire l’estrazione, come avviene per i diamanti, difficilmente il suo costo può essere sostenuto. Il prezzo attuale del platino è di quindici sterline per oncia, ma se i depositi sono grandi e l’estrazione è facile, questo prezzo sembra fittizio. Kovaloff è un buon spiritista e, cosa rara, ha una conoscenza profonda dell’argomento. Egli è d’accordo con me che lo spiritismo è destinato a creare una rivoluzione nel pensiero umano e a distruggere quel materialismo che è stata la causa di tutte le sfortune dell’umanità e che ci distruggerà completamente se non troveremo un antidoto.

La situazione dei diamanti sta diventando grottesca. Un esperto mi ha detto che in Namaqualand la ghiaia ne è piena e che li stanno letteralmente spalando. Essi non vengono immessi sul mercato e, poiché questo enorme accumulo non viene evidentemente distrutto, da qualche parte – sarebbe indiscreto dire dove – deve essercene un tale mucchio da dare i brividi a tutti i Raffles del mondo. Nel frattempo, si è creata una rete di avventurieri e di compratori abusivi e, di conseguenza, è cresciuto il numero di poliziotti, sono aumentate le perquisizioni e l’interferenza con le libertà di ciascuno. C’è anche il rischio di corruzione politica, perché un’ulteriore modifica della legge, già a loro favore, farebbe comodo alle ricche compagnie. Non c’è dubbio che Solly Joel, Oppenheim e gli altri direttamente interessati siano persone del tutto oneste, ma credo che la situazione sia difficile e pericolosa. E dato che sono stati trovati nuovi giacimenti in diverse parti del mondo, essa potrebbe diventare addirittura impossibile.  
Ho incontrato un altro uomo straordinario, il signor Shepperd, che è stato un governatore inflessibile in tempo di guerra. Molto gentilmente, ha regalato a Billy uno splendido smeraldo dicendole: “Ricorda che ti è stato donato da un vecchio Boero che trent’anni fa sarebbe stato felice di uccidere tuo padre.” E’ stato un episodio affascinante.

In uno dei precedenti capitoli di questo giornale ho parlato delle buone prospettive per un uomo che venga qui con duemila sterline, qualche conoscenza di agricoltura, un carattere risoluto e due mani operose. “Se è disposto a fare una vita dura e a vivere senza comodità, se non pretende di arricchirsi e far fortuna subito, egli avrà una vita bella, sana e utile. Per quanto riguarda la siccità e le invasioni di insetti, il paese è pieno di coltivatori che hanno superato queste difficoltà e adesso sono ben sistemati. Quello che hanno fatto loro possono farlo anche altri.” Così scrive Leonard Flemming. Ma è necessario un avvertimento. Egli parla di fattorie di mille acri gestite da uomini esperti e quello che lui dice non vale per le piccole piantagioni di aranci o limoni, che hanno assorbito molti soldi dei britannici, restituendo poco o nulla.

Alcuni anni fa, sulla stampa inglese, è apparsa una propaganda che induceva a credere che, se un uomo avesse comprato una piccola piantagione di frutta, questa gli avrebbe reso un’entrata regolare, anche a distanza. L’idea di un frutticoltore non presente avrebbe potuto funzionare solo con persone che non sapessero nulla di coltivazioni, dato che è risaputo che non ci si limita a staccare un’arancia dall’albero per venderla al primo che passa e si sporge sopra allo steccato, ma che bisogna sapere come selezionare, incrociare, imballare e commercializzare il prodotto. Il risultato è stato disastroso e l’unica cosa buona è che esso sia servito di lezione. Un migliaio di persone, la maggior parte delle quali ufficiali navali e dell’esercito, hanno comprato la proprietà Zebedelia, suddivisa in lotti di cinque acri ciascuno, pagando da 500 a 700 sterline per ogni appezzamento. Nessuno di loro, dopo otto anni, ha avuto alcun guadagno. Lo stesso vale per le Proprietà Prudential, per i Frutteti East Rand e per altre aziende simili. Sono state delle perdite secche, che ricadono su una classe che non ha dei grossi capitali. Solo il due per cento degli investitori è riuscita ad avere una rendita dai propri appezzamenti e, tutto sommato, questo risultato è positivo, dato che il progetto non aveva alcuna speranza di riuscita. Sir Herbert Matthiews ha aperto un’agenzia al n°. 28 di Westminster Palace Gardens, per aiutare questa povera gente e questa breve nota può essere utile per mettere qualcuno di loro in contatto con il suo ufficio.                      


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