Durban - In Sud Africa con Doyle

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Durban – La Valle delle Mille Colline – Il caso probatorio di Abduhl Latif – Una seduta a Durban – Dick King – La protezione dei nativi – Denis fa il suo debutto – La veggente zulu – Uno splendido bagno – Il problema degli indiani.

   La sera di venerdì 7 dicembre abbiamo raggiunto Durban, dopo un viaggio in auto di 60 miglia attraverso un paesaggio di incredibile bellezza, che, in alcune parti, ricorda quello inglese. Si deve superare una catena di montagne alte 2500 piedi percorrendo una strada che mi è parsa un notevole lavoro di ingegneria e che ad ogni svolta mostra meravigliose prospettive. Le curve sono tremende e l’autista deve andare piano e avere dei buoni freni, se non vuole che sia l’ultima volta che si trova dietro a un volante. Molte auto sono precipitate giù dal pendio e un uomo, che aveva lasciato la sua Ford con dentro la moglie e i tre figli parcheggiata lungo il declivio per andare a riempire una latta d’acqua, al suo ritorno non l’ha più trovata. Era andata indietro, finendo nell’orribile abisso. Le nostre auto erano guidate senza rischi dai fratelli Walsh, rappresentanti locali della grande ditta Williams, Hunt e Co., che hanno compensato con la loro cortesia la fredda accoglienza del Governo. Forse però eravamo stati viziati dalla grande gentilezza canadese e ci aspettavamo troppo dal Sud Africa ufficiale.

   A metà percorso abbiamo fatto una sosta per ammirare una fantastica valle laterale, che si allunga a perdita d’occhio fino all’orizzonte e termina con una fila di rilievi dalla punta piatta. E’ la Valle delle Mille Colline, famosa per la sua bellezza e il suo mistero, che pochi sono riusciti a penetrare. Non ci sono strade per raggiungerla e bisogna ammirarla da lontano. Ci è stato detto che in questo strano luogo selvaggio vivono almeno 20.000 Pondo e Zulu staccatisi dai loro clan, raramente visibili ai bianchi e autosufficienti grazie ai piccoli appezzamenti coltivati a granturco. Sono degli strani vicini per una grande città civilizzata. Un viaggiatore che ha esplorato la zona mi ha detto che ogni uomo ha uno scudo, una zagaglia e un bastone. 22) Tuttavia, se i bolscevichi li lasciano stare, al momento essi non rappresentano un pericolo.
   La nostra prima impressione di Durban è stata di stupita ammirazione. Non ci aspettavamo di trovare una città così splendida, con strade ampie, grandi edifici pubblici, magnifici alberghi e ogni attrattiva desiderabile. Alloggiavamo all'hotel Marine, che si affaccia sulla baia ed è confortevole come tutti quelli in cui siamo stati finora, fatta eccezione forse per il Mount Nelson. I servitori indiani sono veloci, silenziosi e attenti e  offrono un servizio che poche città europee possono vantare. Sono individui strani e imperscrutabili. Uno di loro è entrato nella mia stanza con una richiesta perfettamente lecita, ma fatta con una voce così bassa e suadente che io, che sto diventando un po’ sordo, non riuscivo a sentire. Ho creduto che volesse i soldi per il giornale o che volesse farmi pagare la carta da lettere. Finalmente, con l’aiuto di mia moglie, ho scoperto che voleva farmi un ritratto per un giornale indiano. Non ho accettato.
   
  Malcolm è andato a Johannesburg – è il suo primo volo lungo da solo – e ci siamo divertiti a leggere una sua intervista o, meglio, degli estratti di essa, su di un giornale di Durban. Insieme al divertimento, c’era anche un po’ di sbigottimento perché l’articolo, intitolato: “Il giovane Doyle cerca le luci rutilanti”, dava l’idea che egli fosse andato a Jo’burg in cerca di night club, rimpiangendo nel contempo la mancanza di una pista da corsa. La seconda affermazione dava un’impressione corretta dei suoi interessi, dato che lui è uno sportivo. La prima, invece, poteva sviare il lettore, visto che lui è astemio, vegetariano e non fuma, almeno per ora. Il piacere del ballo e di altri divertimenti innocenti non accompagnati dall’assunzione di alcool, è  una delle caratteristiche più piacevoli della nuova generazione, condivisa da molti ragazzi oltre ai miei. Quando ero giovane, questo avveniva molto di rado ed è un grande miglioramento.
   Il nostro gruppo è stato accresciuto dall’arrivo da Città del Capo della signora Ashton Jonson. Ella aveva generosamente acconsentito a lasciare venire con noi il marito, che ha fatto da cuscinetto fra me e il mondo. Anche lei è straordinariamente utile e le sue risposte alle numerose domande sul paranormale sono da prendere a modello. Ora che il gruppo è al completo, il nostro umore è persino più allegro di quando abbiamo cominciato.

   Mentre siamo impegnati in questa missione, abbiamo avuto la prova della protezione degli spiriti. Il 26 novembre la signora Court, chiaroveggente dilettante di Città del Capo, mi ha scritto:
“Desidero dire a Sir Arthur che ai piedi del palco, sulla sinistra, c’era uno Spirito Orientale, Indiano o Persiano  - io sono incline a crederlo Indiano - alto, magro, con il viso allungato e la fronte alta, la barba fine e rada, lunga un piede. Indossava un’ampia tunica bianca e intorno al capo, secondo lo stile orientale, aveva un turbante sotto al quale portava un copricapo nero. Era tutt’altro che ben vestito, il turbante e la tunica erano logori. Teneva fra le mani un lungo bastone, al quale si appoggiava. Il suo nome è Abdullah. Riferendosi a Sir Arthur, questo Spirito mi ha detto: ‘Molti anni fa, quando avevo fame, lui mi ha dato da mangiare non solo pane, ma qualcosa di meglio del pane e questo non lo dimenticherò mai. Egli continua a nutrire gli affamati e io gli dico di stare allegro, perché gli sono vicino per dargli forza e coraggio. Gli tengo la mano sulla testa e gli do la mia benedizione; l’ho già fatto altre volte, anche se lui non lo sa. E, mentre la luce del giorno svanisce, il sole della sua vita diventerà più luminoso. Nella sera della sua vita ci sarà una grande luce. Fratello, ti faccio i miei auguri.’ In inglese queste parole suonano piatte e monotone, lo stile orientale è troppo bello per essere tradotto. Se Sir Arthur riceverà questo messaggio, non credo che ravviserà il fratello riconoscente, ma io ne ho ugualmente trascritto il contenuto per lui.”
Queste parole erano molto belle, ma non c’era niente per provare che fossero autentiche. Il fatto che la figura avesse un turbante avvolto sopra a un copricapo, suggeriva un Persiano piuttosto che un Indiano, ma al di là di questo non si poteva andare.

   Ieri, 8 dicembre, ho ricevuto da Londra una lettera datata 9 novembre. E’ di R. H. Saunders, un amico che per alcuni anni è stato in contatto con un spirito persiano di nome Abduhl o Abdulla Latif, personaggio storico vissuto al tempo di Saladino. Nel suo eccellente libro Guarire per  opera dello Spirito Saunders riporta alcuni particolari della sua venuta nel mondo moderno. Riporto un estratto della lettera:
   “Oggi alle 4.30 ho partecipato a una seduta con la signora Roberts Johnson, con Hector Munro e con altri amici. Ho chiesto al controllo Joe Griffiths, che aveva già svolto un lavoro simile per me in India e in Australia, di venire a vedere come stavate.
   “Eh! – mi ha detto Joe –  farò il summit per te … tornerò subito…”
   C’è stata una pausa di circa tre minuti, poi Joe è tornato, dopo averti fatto una visita lampo.
   “Non sta troppo bene, ti dico, non stava molto bene quando ha cominciato.”
   “Questo lo so – ho risposto – ma starà meglio?”
   “Puoi starne certo, perché adesso c’è Abduhl Latif con lui. Eh! Egli è ben seguito. Dovrebbe stare a riposo, ma è un lavoratore e non molla. Si farà un sacco di amici laggiù e quando ritornerà sarà un uomo migliore.”
   “Dove lo hai trovato?” gli ho chiesto.
   “Eh, non posso dirti dove, ma c’era una fonte d’acqua inesauribile.”
   Che cosa può dire il critico? Riguardo alla fonte d’acqua, in quel periodo eravamo a pochi giorni di distanza da Città del Capo. Questo, tuttavia, potrebbe essere ipotizzato dal medium in modo normale. Ma quando, come in questo caso, due soggetti, indipendentemente l’uno dall’altro, descrivono Abdulla nell’atto di darmi energia per il mio lavoro, penso che sia mentalmente perverso e disonesto attribuire questo fatto a una pura coincidenza. Sentiamo di essere governati da vicino e che il velo che ci divide è molto sottile.

   Ieri ho avuto una seduta con la signora Kelland e l’ho trovata una medium eccellente. Anche se non ha la stessa facilità e precisione della signora Kimpton nell’ottenere i nomi, le è di poco inferiore. Ha avuto alcuni nomi e messaggi per me, dei quali ho sminuito l’importanza perché la maggior parte di essi poteva essere stata presa da Who’s Who? 23). Ma lei ha messo subito a tacere i miei dubbi facendo la stessa cosa per Ashton Jonson. Lavora molto nei villaggi più piccoli e dice che c’è un interesse diffuso per questa materia. Sarebbe curioso se questa terra dell’oro si dimostrasse, come dice Pheneas, “un faro per la razza umana.”

   Vicino al nostro hotel, c’è una statua di Dick King, che ritrae in modo efficace un uomo stanco su di un cavallo affranto di fatica. Mi chiedo quante persone in Inghilterra abbiano sentito parlare di Dick King e di come ha salvato una colonia britannica. Se non altro, però, egli è conosciuto e onorato nel luogo in cui ha compiuto l’impresa. Nel 1840, i Boeri ci respinsero fin quasi al mare e anche il nostro ultimo forte era in pericolo. Se non fossero arrivati presto i rinforzi il gruppo di Inglesi in arrivo, al momento dello sbarco avrebbe trovato i tiratori scelti boeri appostati lungo la costa. In quel momento difficile, King andò a cercare aiuto. Dopo aver scoperto che non poteva attraversare la pianura, egli fece guadare al cavallo la baia, poi cavalcò per nove giorni attraverso fiumi e montagne, percorrendo 600 miglia. Solo la storica cavalcata del famoso messaggero che portò a James la notizia della morte di Elisabetta può reggere il confronto. Alla fine della sua fortunata cavalcata arrivò a Grahamstown, da dove la notizia fu trasmessa a Città del Capo e da qui furono inviate truppe di rincalzo per salvare il forte. Ancora oggi gli abitanti del Natal si tolgono il cappello in segno di rispetto verso la memoria di Dick King.

   Un’altra statua di Durban sulla quale vorrei spendere due parole è il monumento ai caduti. E’ il più bello che io abbia mai visto, anche se ha un’aggiunta che lo deturpa e che dovrebbe essere subito rimossa. Si può nascondere o eliminare un dipinto o un libro, ma nessuno sembra possedere l’autorità di modificare una statua dopo che è stata eretta. Lo abbiamo scoperto anche noi con orrore ad Hyde Park, con la statua di Rima. Il cenotafio di Durban è costruito secondo il consueto stile Lutyens e porta una nobile iscrizione. Alla base c’è l’effigie in bronzo di un soldato morto, illuminata da una lampada perennemente accesa. Questa parte del monumento è di una perfezione insuperabile. Ma lo scultore, nel tentativo di superare se stesso, ha purtroppo aggiunto due angeli che portano in alto l’anima dell’uomo sovrastata da una colomba, simbolo dello Spirito Santo, sotto a un cielo stellato. Il gruppo, in stile egiziano, è costruito in porcellana di Faenza dai vistosi colori giallo e blu e copre il frontone di pietra. Oltre ad essere un’aggiunta chiassosa e bizzarra, rappresenta un inserimento inutile. Se qualche comitato coraggioso riuscisse a far togliere questa aggiunta dal cenotafio – la cosa non dovrebbe essere difficile – qui ci sarebbe una delle statue più straordinarie dell’Impero.  

   Persone autorevoli mi hanno detto che ci sarebbe ragione di creare una  Società per la Protezione dei Nativi contro la Crudeltà, specie per quello che avviene nelle fattorie isolate. Senza dubbio vi sono individui violenti sia fra i Britannici che fra gli Olandesi, ma i casi che mi sono stati riferiti riguardano gli Olandesi, che hanno fama di essere più duri dei Britannici verso gli indigeni. C’è bisogno di qualcuno che controlli che il nativo ferito o morto ottenga giustizia e che il criminale venga punito come merita. Oggi non è così e ultimamente ci sono stati casi di omicidio in cui il condannato se l’è cavata con una piccola multa. Un rappresentante della Società di Protezione avrebbe potuto affiancare in modo efficace l’azione della magistratura.

   Nel caso Roos, due Boeri sono stati chiamati in giudizio per aver picchiato a morte un ragazzo kaffir e aver nascosto il suo corpo in un formicaio, confidando che gli insetti lo avrebbero distrutto. Anche il fratello è stato picchiato, ma è riuscito a scappare e a dare la notizia. Anche se i fatti erano chiari, i due uomini se la sono cavata con una multa. Mi sono stati raccontati altri casi simili e, anche se la maggior parte degli Olandesi è benevola quanto i Britannici, i pochi barbari che compiono questi atti dovrebbero essere severamente puniti. Casi simili causano disaffezione nei nativi e questo costituisce un pericolo politico, anche se la questione principale è quella morale. Piuttosto che essere screditata con accuse di tortura e di assassinio di indigeni inermi, sarebbe meglio che la Gran Bretagna non avesse legami con il Sud Africa. Ma sono sicuro che basterebbe una punizione esemplare per rimettere le cose a posto, per questo una S.P.N.C. forte sarebbe l’organismo giusto.

   Dopo che ho scritto questo paragrafo sono stati sottoposti alla mia attenzione molti casi di maltrattamenti di nativi e di omissioni da parte dei magistrati. Negli ultimi diciotto mesi, ci sono stati due episodi nello stesso distretto. Alcuni contadini, che avevano ucciso un nativo e ne avevano mutilato un altro, sono stati assolti dopo che avevano sostenuto pretestuosamente di averli scambiati per selvaggina. A Rustenburg un giudice ha condannato a sei mesi un uomo che aveva picchiato a morte un ragazzo kaffir. Il magistrato ha un nome britannico, perciò la mia accusa non è razziale, ma in entrambi i casi i colpevoli erano olandesi. In un altro caso, il direttore di un’azienda ha colpito a morte un ragazzo kaffir ed è stato assolto. Oggi vedo riportato sui giornali del mattino il seguente caso:

Bethal, martedì.
   “Due Europei, J. Nafte, agricoltore celibe di 38 anni di Bankpan e J.J. van Niekerk, sposato, di circa 28 anni, sono stati arrestati ieri per la morte di un nativo avvenuta nella loro fattoria. Presumibilmente, il defunto è stato afferrato, legato a un carro con delle redini attorno al collo e tenuto in questa posizione per due ore, per punirlo della sua cattiva condotta. Sembra che poi il nativo sia stato  portato nella cucina dell’abitazione. Non vi sono testimoni oculari di ciò che è successo in questo locale, ma i vicini hanno udito dei rumori e il nativo è stato visto uscire  trascinandosi carponi per terra. Alcune dichiarazioni affermano che è stato appeso a un albero per una gamba e che è stato percosso. Il nativo è morto verso le tre pomeridiane. Nel pomeriggio, la polizia di Bethal è stata informata dal caposquadra J.J. van Niekerk che davanti alla porta della cucina della fattoria c’era un nativo morto. Sembra che abbia riferito anche di non essere a conoscenza delle circostanze attraverso le quali il nativo fosse giunto là né di cosa gli fosse successo. Ha inoltre informato la polizia della scomparsa di tutti gli altri ragazzi impiegati nella fattoria. Questi ragazzi, settantadue in tutto, si sono presentati ieri sera alle otto alla stazione di polizia. Ne sono risultate delle indagini e il medico legale ha eseguito l’autopsia, che ha rivelato che la schiena del giovane era ridotta in polpa, tre costole erano rotte, lo sterno spezzato e c’erano contusioni in tutto il corpo. Kack Nafte e Johannes Jacobus van Niekerk sono stati arrestati la sera stessa con l’accusa di omicidio e rinchiusi nella prigione locale.”

   Non credo di esagerare se dico che, quando accadono cose simili sotto a quella che è ancora, nominalmente, la bandiera britannica, dovrebbe esserci un’inchiesta e dovrebbero essere presi dei provvedimenti. Sulla questione, è però anche giusto citare il commento della signora Millin:
   “ Se paragoniamo il comportamento dei Boeri verso i nativi con quello dei Belgi in Congo, dei Tedeschi in Africa sud occidentale o dei Portoghesi sulla Costa Orientale, esso è un modello di benevolenza. In Sud Africa, inoltre, a differenza dell’America, i neri non vengono né bruciati né lapidati. Ma fatta eccezione per l’ideale inglese, per la tradizione del Capo o per qualche Sudafricano generoso, il Kaffir ha poca speranza di avere un trattamento benevolo da parte dei bianchi.”

   A proposito del maltrattamento dei nativi, una persona autorevole del Free State fa notare che da loro questi crimini sono molto rari, anche se sono comuni nel Transvaal. Scrive che di recente c’è stato un solo caso di una ragazza legata a un carro e fatta correre per miglia, poi trovata morta in un capannone. Al bruto è stata comminata una multa non superiore alle 2 sterline. Questo caso ha ispirato un bel poema pubblicato da tutta la stampa sudafricana, terminante con il verso:
                  “Ours is the fall, not yours; this will reflect
                   Upon the very future of us all,
                   Honour, prestige and justice and respect,
                   So much of this is lost, so far we fall.” *

* “Nostra è la caduta, non vostra; e questo si rifletterà/ Sul futuro di noi tutti, / Onore, prestigio, giustizia e rispetto, molto di essi è perduto, al punto da causare la nostra caduta.”

   Un Britannico, che ha vissuto a lungo nelle pianure remote/remoti altipiani e ha lavorato nella polizia per cinque anni, mi ha fornito un resoconto equilibrato nel quale dice che, in generale, il trattamento dei nativi da parte dei Boeri non è cattivo e che, per certi aspetti, è migliore di quello dei Britannici. Il suo parere è che i Britannici vogliono le cose fatte in modo ordinato e tengono i nativi a distanza, offrendo loro una giustizia impassibile. I Boeri, invece, chiacchierano con loro per ore, hanno molti interessi in comune e hanno maggiore familiarità. Per questo i Boeri riescono a pagare meno dei Britannici la manodopera locale. Ma pur difendendo i Boeri quest’uomo scrive anche: “Con una giuria composta da Boeri delle zone isolate, che ricusano abitualmente gli eventuali giurati britannici presenti, i nativi non hanno alcuna speranza. Recentemente, un agricoltore ha inseguito un Kaffir con l’auto, lo ha investito e si è allontanato abbandonandolo nel veld con un braccio rotto. I giurati britannici sono stati ricusati e la giuria, composta solo da Boeri, lo ha giudicato ‘non colpevole’, provocando l’indignazione del magistrato. Fuori dall’aula, un giurato ha ammesso di sapere, come tutti, che l’uomo era colpevole. Ma se fosse stato condannato, al Kaffir sarebbero state date 500 sterline, secondo quanto previsto dalla legge civile, e un Kaffir non vale una somma simile.”   

   Questo corrispondente, che non è per nulla ostile ai Boeri e per ora le loro cause contro i datori di lavoro inglesi, è molto pessimista sulla situazione razziale. Egli dice: “Sin dal 1902, negli Afrikaneers è stato inculcato un sentimento antiinglese, che è andato aumentando negli ultimi anni. Esso è nutrito delle bugie di Hobhouse e delle calunnie ‘liberali’ sulla guerra boera. Alcuni uomini colti mi hanno detto che le atrocità tedesche in Belgio sono state nulla in confronto agli orrori perpetrati da noi nel 1899-1902. Oggi, il Boero dignitoso e vecchio stile, sul tipo di Botha, avrebbe a malapena il coraggio di fermarsi per strada a chiacchierare con un amico britannico. E’ molto sospetto essere uditi parlare inglese.” Tutto questo è deprimente e i resoconti che ricevo mi portano ad affermare che la divisione fra le razze, che potrebbe portare in futuro a qualche triste catastrofe, è già oggi molto profonda.
   Ieri sera sono stato orgoglioso di mio figlio. In teatro non c’erano posti vuoti e l’incontro, che è stato straordinario, era presieduto dal sindaco. Alla fine della conferenza mi è stato chiesto se altri membri della mia famiglia avessero avuto esperienze paranormali. Ho risposto che alcuni di loro avevano avuto delle esperienze indipendentemente da me e che mio figlio, che sedeva in tribuna, avrebbe acconsentito a parlare di una di esse. Denis non era del tutto impreparato a una tale evenienza. Si è alzato in piedi, è venuto verso il tavolo e, con voce pacata e ben udibile e con modi dignitosi, ha raccontato all’uditorio la storia del ritorno del suo amico David Duncombe. Considerando che era la prima volta che parlava in pubblico, lo ha fatto in modo mirabile, con grande coraggio e sangue freddo. L’uditorio ha ascoltato estasiato la sua storia.

   I fatti sono questi. Il giovane, erede della contea di Feversham, era stato ucciso da un camion mentre guidava lungo la Great North Road. Egli faceva parte di un piccolo circolo di amici appassionati di corse d’auto, di cui sono membri anche i miei figli, che si autodefinisce ‘la gang’. Denis era amico intimo di David e, dopo la morte di questi, è andato anonimamente allo Psychic College a consultare la signora Barkel. La medium è caduta in trance e David ha preso possesso di lei. Ha detto di essere contentissimo di intervenire e di essere felice nel suo stato attuale, ha mandato messaggi a tutti i membri della gang chiamandoli per nome e usando i loro nomignoli. Ha alluso in modo scherzoso alle loro abitudini personali, ha discusso da esperto di una nuova auto da corsa che i miei figli avevano comprato e alluso a un proprio difetto fisico che in vita aveva tenuto ben nascosto e che nessuno, a parte Denis, conosceva. Alla fine ha disegnato un piano dell’incidente e ha dimostrato che la sua condotta di guida, di cui andava orgoglioso, non era da biasimare. Denis ha detto che è stato come se per un’ora il suo amico fosse seduto davanti a lui sulla sedia. Credo che tutti i presenti abbiano avvertito che le cose che diceva mio figlio erano vere. Perciò, esagero quando dico che questo è il più grande progresso nella conoscenza che sia mai stato a disposizione dell'umanità?

   Il giorno dopo l’incidente, Denis ha avuto un’altra esperienza notevole. Una strega o profetessa che vive vicino al confine di Zululand ha detto al commissario di zona di avere un messaggio, affidatole dal suo spirito, per l’uomo bianco venuto a Durban a parlare degli Spiriti. L’ambasciata mi era stata riferita il giorno del mio arrivo, ma ero stanco e non avevo voglia di impiegare il mio unico giorno libero in un viaggio di cento miglia su strade di campagna. Perciò sono andati a farle visita Denis e gli Ashton Jonson e sono tornati molto colpiti. La donna, intelligente e giovanile, con la faccia coperta di ocra gialla e con vesciche di serpenti nei capelli e altri ornamenti curiosi, viveva in un kraal di nativi in una zona molto remota e isolata. E’ caduta in trance e, durante la seduta, era accompagnata dalle grida e dai gemiti di altre donne, come noi siamo accompagnati dalla musica per creare delle vibrazioni. Le prime comunicazioni, tradotte frase per frase, davano l’impressione di giungere da un certo guerriero che esprimeva piacere nel vedere bianchi e neri riuniti in amicizia nella casa di un uomo di colore. Poi, la veggente ha preso mio figlio in disparte per riferirgli un messaggio destinato solo a me. “Dì al Mulungu - epiteto che significa ‘straniero bianco’ - che la sua missione è importante e avrà successo. Per farla fallire, era stata organizzata una grande opposizione, ma essa è stata battuta e si sta sgretolando. Lui e la sua famiglia torneranno sani e salvi nella propria terra, dopo aver attraversato una grande distesa d’acqua.” Questo era il senso generale del messaggio, che non è probatorio, ma risolleva il morale. Questa ignota donna Zulu, che non parla inglese, che cosa poteva aver appreso su di me e sul mio messaggio attraverso vie normali? Denis l’ha fotografata, poi, al momento della partenza, è stato inseguito da tutte le fanciulle del kraal, fino a quando non ha trovato rifugio nell’auto.

   Partiamo da Durban, la città più allegra che abbiamo visto nei nostri viaggi, con grande rimpianto. A cinque minuti di tram dal centro della città c’è una spiaggia meravigliosa per i bagni, verso la quale si precipitano gli splendidi frangenti bianchi dell’Oceano Indiano. Non c’è spettacolo più esilarante delle centinaia di costumi da bagno sgargianti che entrano ed escono dalle onde lunghe e spumeggianti. Il mare è un grande compagno di giochi e divertirsi con lui è uno degli sport più belli della natura. Ma è come giocare con un cucciolo di tigre, allegro, morbido e delizioso, fino a quando non allunga pigramente una zampa e lacera la spalla del suo compagno di giochi. Si scherza con il mare  fino a quando, un bel giorno, si vede un agitarsi di braccia bianche, una faccia convulsa e la vittima scompare sott’acqua. Forse il suo fascino sta nel fatto che è un compagno di giochi capriccioso.

   Non si può parlare del Natal senza fare allusione al problema degli Indiani, uno dei più complessi e difficili da risolvere. Nel 1860, i proprietari delle piantagioni di canna da zucchero scontenti del lavoro dei kaffir, chiesero il permesso di importare coolies dall’India. L’esperimento ebbe successo al di là di ogni aspettativa. Gli Indiani trovarono paradisiaca la libertà del Natal a confronto delle regole odiose imposte dal sistema delle caste nel loro paese. Il loro numero assunse proporzioni allarmanti, tanto che dei bastimenti carichi di Indiani dovettero essere respinti da Durban. Ma ormai il danno era fatto. Terminato il contratto nei campi di canne e migliorata la propria posizione grazie alla laboriosità e alla parsimonia, essi cominciarono a occupare i posti di camerieri, artigiani, piccoli commercianti e così via, togliendo spazio ai bianchi, già fortemente penalizzati dal lavoro dei kaffir. Oggi, la situazione è ancora questa. Nel Natal, il numero di Asiatici è uguale a quello degli Europei e le loro capacità e virtù li rendono pericolosi per gli Africani bianchi, che sono costretti a lottare per sopravvivere. E’ facile per gli Imperialisti dire che un membro dell’Impero deve poter circolare liberamente in tutti i paesi che ne fanno parte, ma nella pratica la questione è la più difficile di tutte le questioni difficili che questa terra irrequieta deve risolvere.
Negli altri Stati dell’Unione il problema indiano ha una forma meno acuta perché essi non sono stati invitati a venire. Ma anche qui non sono mancati gli attriti e, alla fine, è stato nominato un agente indiano per rappresentare i loro interessi. Il signor Sastri, l’ultimo agente, si è fatta una reputazione come pensatore e oratore. Il famoso Gandhi, avvocato molto colto, è arrivato quando questa disputa era all’inizio, per occuparsi di un caso giudiziario, e si è trovato a essere trattato come un kaffir. Ha lasciato un segno come politico per il modo corretto con cui ha sostenuto i diritti dei compatrioti. Personalmente, ho provato molta simpatia per questo popolo gentile, tranquillo e molto efficiente.

   Oggi, 13 dicembre, partiamo per Johannesburg, il punto culminante delle mie conferenze, che finora hanno avuto un successo ininterrotto. Affrontiamo con cuore lieto l’ultima parte del viaggio. Gandhi ha vissuto molti anni a Durban. Era sbarcato nel 1893 con in tasca un diploma d’avvocato e si impegna subito nella vita politica. Durante la guerra anglo-bera guida un gruppo di per aiutare i feriti britannici. Poi si occupa del giornale Indian Opinion e anima il gruppo d’opposizione alle leggi repressive riguardanti la sua comunità. Dopo la sua partenza per l’India, non avrà mai più occasione di tornare in Sud Africa. La sua figura però ha influenzato numerosi intellettuali, fra cui Nelson Mandela, che è stato uno dei suoi ammiratori.


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