Nairobi - In Sud Africa con Doyle

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Una colonia vivace – Uno zoo ferroviario – La questione asiatica – Il libro di Miss Mayo – Una giornata di caccia – L’usanza di bere – La fattoria Tarlton – La questione dei nativi – Note di economia – Uno Zola americano – Una fattoria perduta – Cannibali – Esperienze paranormali – John Boyes.

   La fondazione della colonia britannica in Kenya ha qualcosa di spensierato e incongruente, che attrae gli spiriti avventurosi. Ci si chiede, come fece Giacomo I davanti al dumpling, come siano arrivati fin qui questi dodicimila Britannici della migliore qualità che si sono insediati sull’altopiano africano lontano dal mare quanto Londra lo è da Liverpool. La cosa diventa ancora più straordinaria quando si pensa che, all’inizio, questa era un’area infestata di leoni e che l’insediamento avveniva sotto la sorveglianza dei fieri e indomiti Masai.   

   Chi considera l’avvenimento dall’esterno, potrebbe avere l’impressione che trent’anni fa un pezzo grosso abbia scoperto di avere a disposizione un inatteso surplus di denaro pubblico e abbia chiesto a un collega come avrebbe potuto spenderlo.  
“Che cosa ne diresti di una ferrovia?”  
“Per dove?”  
“Che importa? Un posto qualsiasi.”  
“Per Giove, che buona idea! Da dove la facciamo partire?”  
“Cosa ne dici di quel vecchio scalo portoghese chiamato Mombasa?”  
“Splendido. Fin dove arriviamo?”  
“Beh! Lassù, a 500 miglia nell’interno, c’è un lago e c’è anche un posto chiamato Uganda. Forse un giorno qualcuno vorrà andarci in treno.”  
“D’accordo. Dunque, mettiamoci al lavoro.”  

   La ferrovia è stata costruita soprattutto da lavoratori indiani, con alcune pause durante le quali il colonnello Paterson o qualche altro cacciatore abbattevano a fucilate i leoni che divoravano gli indù.  
   Poi è arrivato un altro gruppo di uomini fuori del comune, con pochi soldi e gusto per l’avventura. Avevano a loro disposizione l’intero Impero britannico, stabile e ordinato, ma sono venuti a cacciare il naso proprio qui, dove c’era questa strana ferrovia.  
“Ehi, vecchio mio, qui c’è un treno! Lo prendiamo?”  
“Certo! Porta tua moglie, io porto la mia.”  
   Così essi sono partiti con le loro famiglie e altri li hanno seguiti. In Inghilterra sono arrivati gli echi di avventure romanzesche, che Winston Churchill ha reso più interessanti e adesso, nel cuore dell’Africa nera, si sono incuneati dodicimila dei migliori esemplari della nostra razza, insieme a un piccolo assortimento di eccellenti Olandesi e Scandinavi. Non crediate che siano dei reietti. Date loro la facoltà di decidere, mano libera e molte braccia ed essi invaderanno l’Africa nera come Clive ha invaso l’India. Il gruppo di Britannici più intraprendenti e ardimentosi che abbiano mai fondato un Impero.

   Sono andato troppo avanti con questa esposizione. Nel primo pomeriggio di giovedì 7 febbraio abbiamo dato l’addio al capitano Bannehr e al suo solido piccolo vascello, il Karoa, e abbiamo gustato quel tanto di Mombasa che si poteva vedere fra il molo e la stazione. Il porto mi è sembrato straordinariamente attivo e con grandi ambizioni di sviluppo. La fila di capannoni lungo il fronte del porto non sarebbe fuori posto a Southampton. Mi hanno fatto avere dei dati statistici secondo cui il cotone, il sisal e il caffè sono i principali prodotti d’esportazione. Mi è anche stato consegnato una cosa che mi interessava di più – un biglietto ferroviario gratuito per noi e per i bagagli. Il Governatore ha anche mandato un ufficiale a darci il benvenuto. Da Nairobi proveniva un piacevole calore.

   Il nostro viaggio sulle ferrovie ugandesi, che abbinano il piacere dello spostamento alle attrazioni di uno zoo, è cominciato alle 4.30. Sapendo che si giunge nella zona della fauna selvatica dopo tre quarti del viaggio, abbiamo calcolato che solo il mattino dopo a tarda ora avremmo incontrato gli animali da vedere. Perciò, non c’era bisogno di alzarsi presto. Si attraversa un’immensa savana, con colline azzurre in lontananza e una grande massa indistinta, ancora più lontana, con la punta bianca. E’ il Kilimangiaro, la vetta più alta dell’Africa, che si trova a quasi 100 miglia di distanza. Da entrambi i lati si vedono branchi di cervi, di antilopi, di gnu e, di tanto in tanto, piccoli gruppi di struzzi. Sono lontani i giorni in cui si dovevano tirar via dalla caldaia i corni dei rinoceronti che erano rimasti incastrati e la sommità della cisterna dell’acqua era il luogo di riposo preferito del babbuino che viveva nella stazione. Tuttavia, il viaggiatore che non ammettesse che questo viaggio è un’esperienza unica sarebbe irragionevole.

A Nairobi ho incontrato il signor Alessandro Davis, una persona molto attiva, che partecipa a ogni iniziativa locale, dal teatro alla modernizzazione dell’agricoltura e che è conosciuto anche come autore del libro Filosofia di un laico e di altre opere. In questo momento egli si trova nello stadio di sviluppo mentale che lo porta ad affermare “Quando sei morto sei morto” e su questo fatto abbiamo avuto grandi discussioni. Mi ha portato a vedere i suoi campi di grano quasi maturo ed esposto al pericolo delle locuste, quest’anno molto numerose. Alcuni distretti dei nativi sono minacciati dalla carestia e il governo ha dovuto proibire l’esportazione di prodotti alimentari. Il grano, chiamato Kenya Governor, è di un tipo speciale, immune dalla ruggine. Negli ultimi anni la Colonia è diventata autosufficiente in questo settore e progetta ora di farne commercio. Essa esporta anche grandi quantità di granoturco e il signor Davis ne ha spedite 250 tonnellate sul mercato di Londra.

   Mi angustia il problema degli Indiani. Mi sembra che questi Asiatici pittoreschi e laboriosi stiano invadendo tutta la costa orientale e lascino poche opportunità agli Europei. A Dar-es-Salaam, per esempio, essi hanno tratto profitto dalla vendita forzata delle proprietà dei tedeschi  e ora sono padroni di buona parte della città. Mentre sto scrivendo, guardo fuori dalla finestra e vedo che accanto all’hotel stanno costruendo una piccola casa. Sul tetto, ancora incompleto, siede un Indiano molto dignitoso, con barba e turbante, che dirige i lavori. In basso, ve ne sono altri tre con scalpelli e blocchi di pietra, che martellano da mattino a sera, mentre un terzo pialla le assi. Alcuni neri trasportano la pietra e il legno. Il progetto potrebbe essere opera di un architetto bianco. Questa situazione compendia le relazioni attuali fra le tre razze. Quando anche l’architetto sarà una persona di colore, che cosa resterà agli Europei?  

   Il signor Davis, però, è ottimista e dice che c’è stata un’inversione di tendenza. I Britannici sono i lavoratori migliori e danno buona prova di sé in ogni fase della loro vita. I bazar indiani, un tempo predominanti, sono stati soppiantati dai negozi europei e anche i commessi, che erano Indiani, sono ora giovani Britannici. E’ così che dovrebbe essere e sarebbe molto pericoloso se fosse altrimenti. Non bisogna dimenticare che questa Colonia non è per nulla sicura dal punto di vista militare. E’ circondata da milioni di neri e, se essi insorgono, non si sa che posizione possano prendere i soldati neri e la polizia. In Matabeleland essi si erano uniti ai ribelli e, se si verificasse la stessa situazione anche qui, tutto dipenderebbe dalla Forza di Difesa locale. Per questo motivo tutti gli uomini bianchi sono coscritti e addestrati come soldati. Gli Indiani non sono una razza combattiva e sono inservibili. Nella guerra contro i tedeschi essi non sono stati di grande aiuto, per non dire di alcuno. Vorrebbero essere protetti perché i neri non li amano e, in una sommossa, sarebbero le prime vittime. Tuttavia, se il loro numero aumentasse troppo rispetto alla popolazione bianca, sarebbe pericoloso. Il signor Davis dice che la tendenza è cambiata nel Natal, ma non ho sentito che sia così a Durban.  

   La lettura del libro Madre India di Miss Mayo mi ha sconvolto. Se i fatti, peraltro ben documentati, sono tutti veri, il mondo non ha mai visto una culto diabolico come la religione braminica. I dettagli forniti sulle ragazze date in sposa prima che raggiungano la pubertà e sui risultati fisici che ne conseguono sono spaventosi. Ho ammirato un membro del Consiglio britannico che, minacciato dalle agitazioni, ha risposto di avere una sola risposta, quando si trattava di salvare i bambini: “Agitatevi pure quanto volete e andate al diavolo!.” Se la maledizione del Cristo verso coloro che fanno del male ai bambini ha qualche forza, sarebbe meglio che ogni bramino avesse una macina al collo e fosse gettato in mare. Alcuni dettagli di questi matrimoni fra bambini fanno pensare ad un’affinità fra babu e babbuini. Immagino che fra di loro ci siano uomini giusti –  anche Sastri è un bramino -  ma il sistema è assolutamente diabolico. C’è dell’ironia nel fatto che essi chiedano a gran voce poteri più ampi mentre ricacciano nel fango sessanta milioni di connazionali, chiamandoli intoccabili. Una cosa mi sembra sicura: se dovessimo lasciare l’India – e non penso che saremmo più deboli se lo facessimo – dopo un periodo di disordini la penisola diventerebbe un grande stato maomettano e gli agitatori sciocchi e rumorosi sarebbero al cimitero. In questo senso, la rivolta Moplah è stata istruttiva.

Quando i Maomettani sono scesi sul piede di guerra, non hanno ammazzato i Britannici, ma tutti gli Indù su cui sono riusciti a mettere le mani. I sopravvissuti sono andati in giro per il paese gridando che la loro rovina era stata Swaraj. E’ straordinario come un uomo intelligente come Gandhi non comprenda una cosa così ovvia. Una delle cose più profonde del libro è l’affermazione di alcune autorità scientifiche che i Britannici hanno peccato contro la razza umana, preservando un popolo che, senza la loro protezione, sarebbe stato da tempo distrutto dalle razze del Nord. E’ un’affermazione forte, ma che farà riflettere. La religione dell’India, fra le altre cose,  fa del paese un centro di distribuzione di quasi tutte le malattie. Il mondo ha il diritto di dire una parola a questo proposito.

   E’ interessante sapere che almeno un terzo degli Indiani che vivono in Africa appartenevano originariamente alla classe degli intoccabili. Qui essi godono di una libertà che non avrebbero mai potuto avere in patria. La cosa più bella del libro di Miss Mayo, un passaggio che difficilmente può essere letto senza un nodo alla gola, è l’incontro fra gli intoccabili e il Principe di Galles. E’ uno degli episodi più vicini all’esempio del Cristo di tutta la storia. Ma i poveri Indiani, che vivono sotto a una tirannia peggiore di ogni altra sulla terra, sono più da compiangere che da biasimare. La radice di tutti i mali, il personaggio malvagio del dramma è il bramino, il sacerdote.  

   Oggi, 12 febbraio, siamo stati gentilmente invitati dal signor Edgley per una giornata di caccia nella sua fattoria, situata nella Pianura Athi, a circa 25 miglia da Nairobi. I miei due ragazzi ed io ci siamo stipati in un’auto, insieme allo stesso signor Edgley e a un conciatore di pelli nativo, e abbiamo portato con noi un assortimento di armi da fuoco. Quando siamo usciti dalla città non erano ancora le sei ed era meraviglioso veder sorgere il sole sulla grande steppa che circonda la città. Subito dopo esserci lasciati alle spalle gli edifici della periferia, abbiamo cominciato a vedere la selvaggina nella luce del mattino. Due grandi antilopi sudafricane sono fuggite davanti alla nostra auto e una di esse si è tolta dalla strada con un solo balzo. Il nostro ospite, esperto cacciatore, ha detto che era il salto più lungo che avesse mai visto. Durante il viaggio, egli mi ha raccontato alcune esperienze di caccia. La cosa più straordinaria che aveva visto e fotografato era una giraffa che uccideva un leone. Per proteggere i suoi piccoli, la grande creatura aveva abbassato uno zoccolo anteriore sul cranio del leone, fracassandolo con uno schianto.  
Siamo arrivati alla fattoria dopo un’ora e mezza di viaggio su strade accidentate. Vi abbiamo incontrato il maggiore Dunman, pioniere della Colonia e famoso cacciatore, che, al pari di altri, si è dimostrato anche un buon soldato, distinguendosi nella Guerra. Come altri Kenyani, ha un gran rispetto per il Generale tedesco attualmente in carica, mentre prova meno stima per i nostri Comandanti, tranne che per Smuts.  

   Ci siamo divisi in due gruppi, uno con le carabine e l’altro con le doppiette e siamo partiti in cerca di avventure a bordo di due auto. Io ero nel secondo gruppo e, malgrado l’arma, sono riuscito a colpire una piccola antilope di una specie rara. Sono contento di poter dire che la sua morte è stata istantanea. Per pranzo, ci siamo incontrati con i ragazzi, che avevano avuto fortuna: Denis aveva abbattuto un kongoni e Malcolm un kongoni e una gazzella di Thompson. La carne è stata divorata fino all’ultimo boccone, perciò è stata proprio una caccia per necessità. Abbiamo visto uno gnu parzialmente sbranato da un leone, ma non siamo riusciti a vedere sua maestà il re. In lontananza trotterellavano dei branchi di zebre e c’erano numerosi struzzi. A un certo punto ci siamo imbattuti in otto giraffe, una delle quali era enorme. Ho girato cinquanta piedi di bobina con la cinepresa, ma con quale risultato solo il futuro potrà dirlo. Ci siamo anche imbattuti in tre enormi avvoltoi che squarciavano e facevano a pezzi una gazzella morta. In cima a un formicaio sedeva malinconica un’aquila dalla testa bianca, mentre aspettava il suo turno. Questa forma di cameratismo è abituale presso questi animali e spesso il gruppo è completato da un marabù, una sorta di maestro di cerimonie in frac nero e sparato bianco, che mangia poco, ma presiede al banchetto come una sorta di vecchio zio benevolo.

   In una sola mattina abbiamo visto una grande varietà di fauna del paese e la maggior parte da vicino. La lista, a cui sulla via del ritorno si è aggiunto uno sciame di locuste abbattutosi sulla nostra auto come una tempesta di neve, comprendeva almeno quattro specie di cervi, antilopi, facoceri, gnu, giraffe, zebre, struzzi e molte specie di uccelli. Nel tardo pomeriggio siamo tornati al nostro confortevole hotel, dopo una delle giornate più belle di tutto il viaggio.
   Dai vecchi cacciatori esperti si apprendono delle notizie curiose. Una di esse è che non sempre gli animali selvatici sono spaventati dai leoni o, meglio, essi sanno esattamente quando il leone ha delle cattive intenzioni e quando invece è sazio e perciò innocuo. I cacciatori dicono di aver visto dei leoni passare attraverso i branchi di erbivori mentre questi continuavano a pascolare tranquillamente. Il leopardo è l’unico predatore che uccide per il gusto di uccidere davanti alla quale le creature più deboli fuggono.

   Quando ero capitano di un club di golf inglese, un giovane professionista mi ha chiesto che tipo di posto fosse Nairobi, dato che gli era stato offerto un biglietto per andarvi a giocare. Gli risposi che era un luogo dove era possibile imbattersi in un leone alla nona buca. Quando ho raccontato questa battuta, mi è stato detto che la cosa era assolutamente veritiera, dato che alcuni leoni erano arrivati fino ai sobborghi della città. A causa delle riserve di caccia, essi sono diventati troppo numerosi e per questo è stato chiesto al signor J. A. Hunter di ridurne il numero. In poco tempo, egli ne ha abbattuti ottantaquattro, insieme a dieci leopardi. Cose come questa un giorno sembreranno una leggenda incredibile.
   Ho continuato anche qui la mia indagine sulle missioni e i resoconti sono uguali a quelli della Rhodesia. E’ impossibile dunque continuare a dubitare che, per quanto riguarda le virtù essenziali, i ragazzi educati dai missionari, quelli almeno che si fanno strada nel mondo, sono al di sotto degli standard dei nativi non istruiti.

   Secondo i miei informatori, che non sono prevenuti - uno di loro ha anche manifestato stima per la condotta di due ragazzi delle missioni in una particolare occasione - essi sono più insolenti, più disonesti e più immorali. Ho chiesto se questo valeva per le missioni cattoliche e per quelle protestanti e la risposta è stata affermativa. Le peggiori sembrano essere le missioni americane, con i loro rigidi dogmi evangelici e la grande confidenza che manifestano ai neri. Un testimone mi ha raccontato di aver visto una missionaria ancora giovane (non britannica) baciare tutti i ragazzi neri che aveva radunato sulla banchina della stazione in attesa del treno. L’uomo mi ha detto che quella vista lo aveva fatto star male e, a giudicare dall’espressione del viso, il ricordo dell’episodio gli provocava ancora lo stesso effetto.

L’idea del signor Glossop di una polizia morale, della quale ho parlato, è stata accolta con risate derisorie. Eppure, Livingstone, Moffat e i Padri Gesuiti con i Pellerossa, hanno fatto un grande lavoro. Ma, a quel tempo, la presenza dell’uomo civilizzato e l’atmosfera mite del Cristianesimo avevano più importanza dei dogmi, che spesso sono senza senso. E’ sconsolante,  perché se sono fuori di dubbio le buone intenzioni e il sacrificio di molti uomini, è altrettanto certo il loro fallimento. La graduatoria di merito vede generalmente al primo posto i Cattolici, perché insegnano attività pratiche, al secondo posto gli Scozzesi e all’ultimo posto gli Americani. In Africa, è stato Maometto a portare avanti un grande lavoro e oggi un Maomettano onesto è molto più evoluto del nativo allo stato naturale e del ragazzo delle missioni in ciò che costituisce un uomo.  

   Vedo sui giornali che Sir Arthur Davies parla del consumo di alcolici in questa Colonia. Sicuramente alcuni coloni sono dei grandi bevitori e questo è un peccato in una terra che richiede così tanti sforzi da parte dei suoi abitanti. L’accusa, però, vale solo per una minoranza, che si fa notare per l’insolito stile di vita, non per la maggioranza costituita da lavoratori indefessi e da rispettabili pionieri. Ma Sir Arthur Davies ha reso un buon servizio al Kenya richiamando l’attenzione su questo problema e, se la cosa può essere utile, sarò contento di appoggiare il suo sforzo di eliminare questa debolezza di un meraviglioso gruppo di Britannici. Non c’è dubbio che un certo numero di uomini e donne qui si rovinano a causa del bere e diventano dei falliti, perciò è bene attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su questo punto. I cocktail, gli aperitivi serali, la vecchia abitudine del “beviamo qualcosa”, che in Inghilterra è ormai scomparsa, devono essere tenuti sotto controllo. Anche se la situazione mi sembra migliorata, c’è ancora motivo per una crociata a favore della temperanza. Dico questo non per fare una critica ostile, ma per migliorare il benessere di questa grande colonia. Sono sicuro che questa è una fase passeggera e che tutto andrà per il meglio. Spesso, i trasgressori principali si trovano fra i visitatori occasionali e non fra i Kenyoti.

   Il 14 febbraio il signor Henry Tarlton ci ha portati nella sua riserva di caccia, nella quale gli unici scatti consentiti erano quelli della mia macchina fotografica. La tenuta, che si trova a sole sei miglia dalla città, copre 10.000 acri di territorio accidentato e vario e pullula di ogni sorta di animali selvatici. Mia moglie, Billy ed io l’abbiamo attraversata sull’auto guidata a tutta velocità da Tarlton. Chi ci avesse visto scendere giù dai pendii volando e poi balzare su per le scarpate ci avrebbe definiti degli esperti di strade sterrate. Molti degli animali di cui era popolata la savana ci permettevano di avvicinarci prima di allarmarsi. C’erano branchi di piccole gazzelle di Thompson, fulve con strisce bianche, e di antilopi sudafricane, delle dimensioni di una piccola mucca, con le corna delicatamente ramificate. Dopo che abbiamo scorto un branco di cinghiali e di facoceri che fuggiva precipitosamente davanti a noi, ci è passata davanti agli occhi la cosa più bella di tutte, un branco di zebre al galoppo. Erano più di un centinaio e i loro zoccoli percuotevano il terreno con il rumore di un tamburo, le criniere ondeggiavano al vento e le teste erano gettate in avanti, in una vera incarnazione della vita felice e tumultuosa. Si erano unite a questa fuga frenetica e precipitosa anche alcune antilopi giganti. Sono riuscito ad avvicinarmi a venti iarde a un’antilope d’acqua, una grossa creatura grigia dagli occhi tristi. Gli struzzi abbondavano.

Alcuni cacciatori di frodo dovevano aver portato a termine la loro opera mortale perché in quattro posti diversi c’erano alcuni avvoltoi, che si avventavano sulle carcasse di bufali con segni di pallottole sui fianchi. Malgrado la piccola statura, Tarlton è pericoloso quando è arrabbiato. Egli ama i suoi animali e provo pena per i bracconieri che dovessero cadere nelle sue mani. Non siamo riusciti a far uscire da dietro i cespugli un leone che avevamo l’impressione di aver intravisto muoversi. In compenso abbiamo visto con chiarezza il suo piccolo amico, lo sciacallo. E’ stata una giornata indimenticabile e mentre tornavamo, in direzione di uno strano sole rosso sangue che splendeva attraverso le nuvole, eravamo stupiti delle tante bellezze e meraviglie della Natura.  
   Tarlton mi ha riferito una curiosa abitudine degli avvoltoi. Quando il gruppo si affolla in cerchio attorno alla preda, il loro ripugnante capo fa un balzo in avanti e le divora gli occhi, poi si sposta di lato e i suoi sudditi si precipitano a mangiarla.

   In questo paese, come negli altri nostri possedimenti africani, c’è molta preoccupazione per il problema dei nativi, considerato molto urgente e importante e che rischia di dividere in due l’Impero. La questione è molto complessa, ma potrebbe essere brevemente descritta così. Da una parte c’è uno stato chiamato Buganda, abitato solo da nativi, che per secoli è stato governato da un proprio re e da un consiglio, uno stato che ha dei funzionari e nel quale si pagano le tasse, che possiede tutte le caratteristiche che ne garantiscono il funzionamento. Esso è stato preso ad esempio dall’Uganda, di cui fa parte, dal Tanganika, e per certi aspetti anche dal Kenya, dove i Masai hanno la loro riserva indipendente. Dall’altra parte, però, ci sono molti nativi detribalizzati, come direbbero gli Scozzesi,  cioè provenienti da clan che si sono dispersi. Essi non hanno governanti naturali e costituiscono un problema. Per i funzionari lontani è facile stendere regolamenti, ma per i coloni che si trovano tutti i giorni a contatto diretto con queste persone, senza il cui aiuto non potrebbero effettuare la mietitura o mandare avanti la fattoria, le cose sono più difficili. Se i nativi hanno già tutto quello che vogliono nelle riserve, perché dovrebbero uscire e andare a cercar lavoro dall’uomo bianco? Molti coloni hanno l’impressione che se le leggi fossero del tutto a favore dei nativi –  e la maggior parte sostiene che sia già così – la vita diventerebbe impossibile. Quando li si sente raccontare le difficoltà che hanno non si può fare a meno di condividere i loro problemi. Si è dispiaciuti anche per Sir Duncan Cameron del Tanganika e per il governatore di qui, che devono ubbidire a ordini che arrivano da casa e portare avanti una politica impopolare fra coloro con cui devono abitare.  

   La riserva di caccia nella grande pianura Athi, dove siamo andati per il nostro safari, è a sud della città. Nei giorni successivi, vi è stato avvistato un rinoceronte e avremmo certamente fatto la figura degli sciocchi se ci fossimo imbattuti in lui con le nostre doppiette. Oggi abbiamo esplorato le colline pedemontane a nord della città e visitato la fattoria del signor Edgley che sorge a 7000 piedi di altezza, dove abbiamo visto in piena efflorescenza i fiori inglesi che ci sono familiari. Era uno sguardo su di un luogo paradisiaco. Al ritorno, abbiamo preso un’altra strada che ci ha portati nelle fertili terre del caffè, le cui piante non sono affette dalle locuste, uno sciame delle quali si è infilato nella nostra macchina. La terra per la coltivazione del caffè costa dalle dieci alle venti sterline per acro e ci vogliono quattro anni prima che le piante diano frutti. Un amico mi ha detto che, dopo questo periodo, il caffè dà un profitto medio di undici sterline per acro. In pianura, la terra adatta a coltivare il cotone costa da una a tre sterline per acro. Non c’è veramente nulla che non possa crescere con questo clima e questo suolo meraviglioso. Caffè, tè, zucchero, agave sisal, cotone, mandorle, tabacco… credo che gli unici prodotti che non ho trovato siano il cacao e il caucciù.  
   Curiosamente, il peggiore nemico del caffè è una cocciniglia, che avrebbe interessato Monsieur Fabre. Le formiche portano questo animale nocivo sulla bacca e poi succhiano il dolce succo che trasuda dal suo corpo. L’unico modo per impedire a queste creature di arrampicarsi su per la pianta con il loro fardello vivente è quello di legare attorno al suo gambo degli stracci imbevuti di creosoto.

   Sono stato gradevolmente occupato a leggere Boston di Upton Sinclair, che considero uno dei più grandi romanzieri del mondo, uno Zola d’America. La sua capacità di descrivere i dettagli e di ordinare i fatti mi lascia stupefatto. Credo che sia diventato un po’ monomaniaco nella sua reazione contro le disposizioni per il mantenimento dell’ordine pubblico, ma la sua anima, elevata e altruista, brilla attraverso tutto questo. Se la metà di quello che dice è vero – e i fatti sono ben documentati – allora i due anarchici Sacco e Vanzetti sono stati messi a morte ingiustamente dallo Stato del Massachussetts. I procedimenti della polizia, l’azione giudiziaria e l’amministrazione penale degli Stati Uniti sembrano essere fra i peggiori al mondo.   
Fa parte del sistema anche la tortura, dissimulata sotto a un nome specioso, come succedeva nell’Italia medioevale. Il vergognoso scandalo Slater-Trench a Glasgow, grande quasi quanto una montatura americana, ci toglie il diritto di criticare, ma due neri non fanno un bianco e, se si è protestato contro l’uno, si dovrebbe poterlo fare contro l'altro.  

   E’ impossibile leggere i fatti senza rendersi conto che i due Italiani sono stati giustiziati non come assassini ma come anarchici. D’altra parte, si può correttamente sostenere che, poiché un anarchico è un uomo che vuole distruggere lo stato, lo stato ha un uguale diritto a distruggere lui. Tuttavia questo non avrebbe dovuto essere fatto sotto al pretesto che i due erano dei volgari criminali comuni. Non era certamente questo il caso di Vanzetti, un uomo di un carattere così raro e appassionato, malgrado le sue idee estremiste che, leggendo le sue parole, si pensa a S. Francesco d’Assisi. E’ probabile che la sua figura diventerà una leggenda. Per quanto riguarda la sua partecipazione al crimine, le prove divennero così complesse che il pubblico non poteva rendersi conto del peso delle varie dichiarazioni. Ne scelgo una che è, di per sé, definitiva. La mattina dell’omicidio egli fu visto da una serie di testimoni vendere anguille a molte miglia dalla scena del delitto. Ma si è ritenuto che questi testimoni avessero fatto un accordo collusivo con la difesa per scagionare il prigioniero. Più tardi, nel corso del procedimento, la difesa ebbe l’idea di avvicinare i venditori all’ingrosso di anguille. Anche se erano passati sette anni, per miracolo era stato conservato il modulo di fattura, vecchio e polveroso, che dimostrava che il giorno prima essi avevano effettivamente spedito a Vanzetti un barile di anguille. Una prova che sarebbe sufficiente per ogni uomo ragionevole.

   Ieri sera ho tenuto la mia prima conferenza davanti a un folto uditorio di cacciatori, che mi hanno rivolto molte ottime domande. Dietro mia richiesta, Denis si è alzato in piedi e ha raccontato con fermezza la sua esperienza, che ha colpito profondamente le persone del pubblico. Nell’insieme è stata una serata molto riuscita, durante la quale ho offerto agli abitanti del Kenya degli spunti da approfondire e discutere. Sono sempre stupito dal modo in cui le persone che hanno una mente libera e incontaminata recepiscono gli argomenti paranormali, mentre gli individui sofisticati ed esperti del mondo si smarriscono. Un esempio illustre è quello di Bernard Shaw, di cui mi è stata recentemente mandata un’intervista dall’Inghilterra. Egli racconta di un inganno da lui perpetrato nel corso di una seduta spiritica e del raggiro fatto ad amici che si fidavano di lui. Dunque, egli conclude che tutti i fenomeni sono sospetti e senza valore.

Provo a tradurre in termini concreti questo ragionamento. Alla presenza di testimoni e in modo inconfutabile, io ho visto mia madre dopo la sua morte. Ma quello che dico deve essere falso, perché Bernard Shaw ha ingannato i suoi amici. C’è mai stato un non sequitur più assurdo di questo? Eppure esso è proposto da uno degli uomini più intelligenti del suo tempo. Exaltavit umiles. Anche la conferenza fotografica è stata un successo. Ho avuto solo un’interruzione, quando mostravo le condizioni paranormali in cui Elia e Mosè si sono materializzati sulla montagna. “Ma nessuno di loro è mai morto” ha gridato una voce dell’uditorio. C’è un’ortodossia che è molto vicina alla follia. Posso solo rispondere che ognuno è libero di pensarla come vuole, ma l’opinione generale è che queste persone siano morte già da qualche tempo.  

   Oggi, 23 febbraio, è stata un’altra giornata memorabile. Abbiamo fatto un’escursione di quelle che trasformeranno le nostre impressioni di Nairobi  nella sensazione di aver intravisto un altro mondo. Il signor Edgley, che ha avuto una grande considerazione e gentilezza nei nostri confronti, ha avuto la felice ispirazione di portarci a visitare una sua fattoria, comprata, avuta in dono o vinta alla lotteria, che si trova in un territorio inaccessibile. Lui stesso vi si è recato solo tre volte in tutta la vita ed ha lasciato i suoi prati a maggesare per gli animali selvatici e per le mucche dei guardiani Masai. I miei figli ed io siamo di nuovo partiti con il buio. Eravamo già in viaggio quando il chiarore delle prime luci dell’alba si avvicinava furtivamente da oriente e diffondeva sulla grande pianura Athi una bellezza opalescente. Per una decina di miglia abbiamo percorso una pista accidentata che collegava le fattorie sparse, poi anche quella è finita e ci siamo trovati in mezzo all’erba secca, una immensa distesa incolta color oro antico che arrivava fino al lontano orizzonte. In alcuni tratti il veld era piano e riuscivamo a proseguire, in altri c’erano affioramenti di roccia e dovevamo tornare indietro o aggirarli. Una volta ci siamo trovati in una pianura ricca di alberi, che credo fossero acacie. “Mio Dio! Guardate là!” ha esclamato Edgley. Un’enorme giraffa stava mordicchiando le foglie più alte di un’acacia. Accanto a lei ce n’era un’altra e, poco più in là, una terza. In tutto, erano sette. Fortunatamente, le ho filmate con la cinepresa e potrò rivedere questi giganteschi animali, che procedevano al piccolo galoppo, proiettati sul muro della mia stanza della musica.

   Ci siamo perduti e abbiamo dovuto fermarci in un villaggio di nativi per chiedere informazioni. Alcuni di essi sono così primitivi da essere stati sospettati di cannibalismo. Guardavano la nostra auto con espressione stolida e con grandi occhi sgranati e non c’è stato verso di persuadere qualcuno a farci da guida. Tuttavia, abbiamo visto una linea verde serpeggiante attraverso la savana gialla e abbiamo capito che si trattava del fiume Athi, uno dei nostri punti di riferimento. Era comico vedere il nostro ospite in piedi, mentre si riparava gli occhi con una mano e continuava a mormorare: “Dove diavolo è finita la mia casa? Sono sicuro che era qui!”. Abbiamo raggiunto il fiume, ridotto a qualche pozza scura di colore verde oliva nei punti ombreggiati dagli alberi, in mezzo a una distesa di fango essiccato. Ci siamo fermati vicino alla casa disabitata e i servitori sono entrati a prendere quello che ci serviva. Sono tornati con la notizia che nel fiume c’erano due enormi coccodrilli antropofagi. La notte precedente uno di loro aveva fatto a pezzi un grosso manzo e, la settimana prima, aveva sbranato un bambino indigeno.

Denis e Malcolm sono partiti con i loro fucili e poco dopo un Masai è venuto a dirci, tutto eccitato, che il peggiore dei due mostri era stato ucciso. Quando Edgley ed io siamo arrivati al fiume, abbiamo trovato un gruppo di persone eccitate. Malcolm aveva sparato sei colpi alla testa dell’animale, quando questo l’aveva sollevata dall’acqua. La creatura si era drizzata spalancando le enormi mascelle e trasformando in schiuma l’acqua stagnante, poi era andata a fondo, a non più di sei passi dalla riva, e poteva essere toccata con un lungo bastone. Poiché non salivano più bolle in superficie, eravamo ragionevolmente certi della sua morte, ma eravamo anche consapevoli del fatto che, da qualche parte nelle vicinanze, era nascosto il suo compagno. I due ragazzi si sono parzialmente spogliati e si sono coraggiosamente immersi fino alla cintola, aiutati dal giovane autista inglese che guidava l’auto di riserva. Una ricompensa di venti s. non ha convinto alcuni dei nativi a venire loro in aiuto. I ragazzi sono riusciti a sollevare al di sopra dell’acqua la coda dell’animale, ma esso era così grosso che era impossibile muoverlo. Io ero convinto che la situazione fosse pericolosa e  ho richiamato tutti indietro, ma la riva era così ripida e scivolosa che essi sono riusciti ad arrampicarsi solo usando i miei piedi e le mie gambe come scala, mentre io mi tenevo aggrappato per evitare di essere tirato giù. Non poter avere l’esemplare è stata una grande delusione per Malcolm, ma il capovillaggio ha detto che di lì a due giorni il corpo sarebbe venuto a galla e lui avrebbe portato la testa e la pelle a Nairobi. E’ stato di parola.  

   Questo nativo mi ha aperto gli occhi su molte cose. Egli va in giro nudo, ma possiede una mandria di quattrocento capi, che mi ha mostrato. Al cambio attuale, questi animali, che non sono le sue sole proprietà, valgono quattromila sterline. Mi chiedo se le persone che da noi sottoscrivono donazioni per i poveri nativi si rendano conto di quanto spesso essi siano persone benestanti. Quest'uomo non ha mai venduto un manzo e li usa solo per comprare le mogli, al prezzo di dieci vitelli l’una. Allo stesso prezzo vende anche le figlie. Il Generale Drayson, grande astronomo, mi ha raccontato di aver vissuto da giovane fra gli Zulu. Essi gli esprimevano tutto il loro disgusto perché lui corteggiava una ragazza inglese e gli chiedevano: “Perché non paghi anche tu le tue mucche, come un uomo?”

   Sulla via del ritorno, Malcolm ha ucciso due gazzelle Thompson, la seconda delle quali con un tiro molto brillante. Esse sono state un’aggiunta gradita alle nostre provviste, anche se Malcolm, che è vegetariano, non ne approfitterà. Abbiamo di nuovo smarrito la strada ma, alla fine, esausti e pieni di bei ricordi, siamo rientrati a Nairobi.
   Queste auto, che sopportano in modo eccellente la durezza del viaggio nel veld, sono per la maggior parte americane, come quelle del Sud Africa. Solo in Rhodesia lo splendido patriottismo della popolazione dà la preferenza ai prodotti britannici. Purtroppo, i nostri fabbricanti non hanno ancora soddisfatto le esigenze, anche se mi dicono che stanno migliorando. Le auto devono avere un telaio semplice e robusto e devono essere di grossa cilindrata – diciamo venti h.p. – in modo che non si debba cambiare marcia a ogni pendenza. La carrozzeria deve essere alta per evitare gli urti con le pietre e con le disuguaglianze del terreno. Se gli industriali riusciranno a offrire tutto questo a duecento sterline, il mercato sarà loro.  

   Mi ha colpito il racconto delle esperienze del Conte Centurione Scotto, appartenente a una delle più antiche famiglie della nobiltà italiana, nel suo castello di Millesimo, vicino a Genova. Egli ha perduto il figlio e, dopo aver letto il resoconto di Bradley sugli esperimenti con il medium Valiantine, è partito per Londra, dove si è unito al circolo Bradley. Ha ottenuto dei messaggi in italiano, che è convinto provenissero dal figlio. Avendo scoperto che uno degli spiriti di controllo di Bradley era un contadino italiano di nome D’Angelo, gli ha chiesto se avrebbe acconsentito a venire in Italia per aiutarlo a creare un circolo. D’Angelo ha risposto di sì. Allora il Conte è tornato al suo castello, ha formato un circolo di persone di alta classe che in un secondo tempo ha incluso anche il famoso Prof. Bozzano ed ecco che, insieme a D’Angelo sono arrivati tutti gli spiriti del circolo Bradley, anche se lui non c’era e nemmeno Valiantine. I fenomeni si producevano ugualmente, insieme ad altre meraviglie. Anche se è vero che ci sono molte persone che si definiscono ricercatori del paranormale e che invece sono solo impostori/ciarlatani, come può un uomo ragionevole dubitare di prove simili? E questa cosa vale anche per il passato. Esistono, nel linguaggio degli uomini, parole adeguate per formulare le scuse che dobbiamo ai pionieri dello Spiritismo?  

   Più dei messaggi di Napoleone, di Rabelais e di altri uomini famosi, trovo interessante l’annuncio rivolto alla Chiesa cattolica, iniziato da Victor Hugo e rafforzato da uno spirito che era chiaramente quello del povero Papa. Si dice che in vita egli avesse/abbia avuto dei forti poteri medianici. Il suo messaggio era per il Vaticano e in esso si asseriva che il movimento spiritualistico era nell’interesse della religione e che “per la Chiesa cattolica era una necessità urgente non permettere che altre sette cristiane la superassero nello studio e nella ricerca di prove concrete di sopravvivenza.” Mi sembra che l’argomento sia di grande importanza e che è interessato troverà un resoconto nel numero di gennaio di Psychic Science.  

   Oggi ho avuto un interessante incontro con John Boyes, autore del libro Il re dei Kikuyu, nel quale racconta ciò che è accaduto quando, con mera audacia e forza di carattere, ha pacificato e governato quella tribù selvaggia, rischiando più volte la vita. Egli ha avuto la supremazia su questo popolo fiero nel momento in cui la sua amicizia e cooperazione erano indispensabili per proteggere i lavoratori della ferrovia ugandese. Chi legge il libro si rende conto di quanto la sua influenza sia stata positiva ed esercitata nell’interesse dell’Impero. Egli sembra essere stato trattato in modo scandaloso dagli ufficiali del tempo, dal 1900 in poi. Forse non è troppo tardi per lo Stato concedergli una riconoscenza per il suo lavoro meraviglioso.     

    
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